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Chi Sono

"Appassionato di cinema e di letteratura, in particolare thriller e horror, regista e scenografo di cortometraggi autoprodotti. Con "Incubo a Roma" ha provato a fare il salto, dalla scenografia al romanzo."

Claudio Trivoli è nato a Napoli il 15 novembre 1989 ma fin da tenera età è vissuto a Villa D’Adda, in provincia di Bergamo, dove è cresciuto ed ha studiato. A Milano ha frequentato le scuole superiori, diplomandosi al Liceo Artistico. Appassionato di cinema e di letteratura, in particolare thriller ed horror, si è cimentato volentieri nel ruolo di regista e sceneggiatore di cortometraggi autoprodotti. Con “Incubo a Roma” ha provato a fare il salto, dalla sceneggiatura al romanzo.

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A New York in una piovosa mattina di metà ottobre del 1989 una modella viene uccisa. E’ la quarantesima vittima di un serial kller che per le modalità dei crimini è chiamato “Il Chirurgo”. E sarà anche l’ultima vittima. Venti anni più tardi lo scrittore americano Damon Dwight arriva a Roma per presentare il suo ultimo libro, “La Mano Nera Dell’ Assassino” che racconta la storia del Chirurgo. L’incubo ricomincia e il Commissario Antonio Rampone proverà a fermarlo.

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PRODUZIONI

Fear

Le Due Coscienze

L'Uomo Bendato

La Signora del Braccialetto

Il Killer delle Coppiette

Il Bosco della Morte

PUBBLICAZIONI

INCUBO A ROMA

Prologo

New York City, 13 ottobre 1989, Venerdì. Ore 9:00 a.m.

Lucille Ouyang si dirigeva a passi svelti verso lo studio medico situato nella 20 th avenue. New York era la sua città. Sebbene fossero evidenti le sue origini cinesi, era chiaro, per come si vestiva e camminava, che lei si sentisse in tutto e per tutto americana. Alta, flessuosa, bellissima anche un occhio non attento avrebbe presupposto, già solo dal passo elegante sui tacchi a spillo, che il suo mestiere fosse la modella. Ed infatti Lucille era una delle più affermate top model del momento. Alzò gli occhi al cielo: la giornata era uggiosa e molto umida, come se stesse arrivando un temporale. Si fermò, indecisa, di fronte a una farmacia, con lo sguardo sulla croce luminosa e sul display che, sperava, le avrebbe rivelato l’ora. Dopo qualche secondo fu informata con precisione della temperatura (10 gradi, ma per via dell’umidità il freddo sembrava più intenso) ma non dell’orario. Era un suo vezzo non portare l’orologio al polso, ma adesso le serviva sapere che ore fossero. Si girò vanamente intorno: non v’erano orologi in quel pezzo di strada. Poi ricordò che, probabilmente, nella borsetta aveva riposto qualche giorno prima un piccolo orologio omaggio di uno studio pubblicitario per il quale aveva lavorato e così si tuffò alla ricerca, nel mare di cose che incredibilmente riescono a stare e che altrettanto incredibilmente si perdono in una borsetta. Lo trovò, non senza difficoltà. L’orologio segnava, impassibile, le 9 e 30 (…